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CONVEGNI
tratto dal n. 05 - 2000

STUDI. Un suggestivo saggio del filosofo francese Rémi Brague

Nel modello romano la salvezza dell’Europa



di Giovanni Ricciardi


«L’Europa non è soltanto greca, né solo ebraica, e nemmeno greco-ebraica. Essa è altrettanto e decisamente romana. Atene e Gerusalemme, certo, ma anche Roma». Il tema della romanità come chiave di volta dell’identità europea è stato affrontato di recente in un agile e suggestivo saggio del filosofo francese Rémi Brague, apparso in Italia nel 1998 per i tipi di Rusconi col titolo: Il futuro dell’Occidente. Nel modello romano la salvezza dell’Europa. La tesi di Brague è che il modello culturale dell’Europa non è la Grecia, ma la romanità. Dove romanità significa anzitutto capacità di ricevere, conservare e trasmettere quello che altri hanno elaborato: «A differenza dei Greci, che del non dover niente a nessuno, del non aver avuto maestri, fanno un punto d’onore, i Romani confessano invece volentieri ciò che devono agli altri». In questo riconoscimento di una “secondarietà”, dell’essere debitori, e nella conseguente apertura all’universale è il carattere dell’esperienza romana, che può costituire un modello per l’Europa di oggi. Roma è “vaso” capace di accogliere, conservare e trasmettere, così come il cristianesimo “contiene” l’ebraismo e l’Antica Alleanza.
All’opposto di questo atteggiamento, ciò che è propriamente il rischio attuale della cultura europea secondo Brague, è la cesura, il taglio netto con il passato, il non sapersi pensare se non nella categoria della contemporaneità. L’Europa, attraverso il rifiuto delle sue radici classiche, esce dal solco di questa “romanità” e diventa un universo chiuso, autoreferenziale.
È quello che Brague definisce «marcionismo culturale e tecnico». L’eretico Marcione intendeva recidere le radici ebraiche del cristianesimo rigettando in toto l’Antico Testamento. «Ho definito marcionismo culturale l’atteggiamento che pretende una totale rottura col passato, considerato come non più in grado di insegnarci nulla» scrive Brague. «Ora, ci possiamo chiedere se la modernità non sia minacciata in modo molto particolare da questa eresia. È in ogni caso ciò che dovrà succedere se la modernità è veramente inseparabile dall’idea di un progresso che permetterebbe di dare un congedo definitivo a un passato ritenuto oscuro». Lo stesso rischio è presente nel rapporto che lega l’uomo alla natura: «La tecnica moderna si basa sul postulato secondo cui bisogna rifare il mondo. Significa dunque che il mondo è fatto male. In questo modo la modernità ha accettato una premessa fondamentale della gnosi: il mondo naturale è malvagio, o in ogni caso non buono. [...] È interessante notare che questa visione del mondo coesiste con il marcionismo in alcuni dei suoi rappresentanti più coerenti. Per esempio Spinoza, che riassorbe nelle leggi della natura in generale l’eccezione che l’uomo sembra costituire, è anche l’autore del Trattato teologico-politico, implicante il rigetto dell’Antico Testamento a profitto di ciò che egli chiama il Cristo».


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