Una lettrice di Toscana Oggi, settimanale regionale toscano
Se la massiccia
infiltrazione di elettrodotti transfrontalieri in terra friulana è
stata bloccata, lo si deve anche al direttore Ezio Gosgnach e ai suoi
agguerriti redattori della Vita cattolica, storico settimanale cattolico di Udine, 150mila lettori
abituali in tutta la provincia, bilanci floridi e introiti pubblicitari in
costante aumento. Sono state le loro inchieste sul campo, nella iniziale
latitanza delle testate locali, tutte legate al gruppo L’espresso, a riportare la vicenda
al centro del dibattito regionale, dando voce al malcontento dei comitati
spontanei di cittadini sorti contro quelle opere che arricchivano gruppi
industriali “forestieri” a spese del territorio. Se invece si
cercano informazioni di prima mano sull’inutile sottopassaggio
inaugurato dal sindaco folignate tra la stazione cittadina e piazza della
Pace, o sulla sorte dei trenta alberi frondosi abbattuti per far posto a un
marciapiede, non si deve perdere il dossier Dal
taglio del nastro al taglio dei tigli apparso
sulla Gazzetta di Foligno. Ad Acqui Terme, invece, solo alla fine di giugno i cittadini
hanno potuto leggere sul settimanale diocesano L’Ancora tutti i risvolti del tormentone a lieto fine che per mesi ha
animato le chiacchiere nei bar: nonostante la bufera-Moggi, la Juventus
terrà presso le Terme cittadine il suo ritiro precampionato –
qualunque esso sarà – e la Regione
“pagherà” l’ospitalità offerta ai
bianconeri finanziando opere a carattere promozionale e turistico per oltre
400mila euro. Intanto Gente Veneta fa sapere che «nei parchi
pubblici di Mestre invece che a calcio si gioca a cricket». Gli
immigrati di area indiana hanno importato questo «inglesissimo
sport» nel territorio della Serenissima, e i risultati delle loro
partite amatoriali «finiscono sui giornali bangladesi che fanno il
giro del mondo. Così se il Mestre batte il Marghera, lo sanno anche
a Londra o Parigi…».
La linea perseguita dalla Cei guidata
dal cardinal Ruini – presa d’atto del collasso democristiano e protagonismo politico sui temi sensibili giocato in prima persona dalla compagine ecclesiale – ha fatto presa sul profilo dei settimanali legati alle curie diocesane
Nei formati tabloid di tanti settimanali diocesani
trovano spazio agibile le cronache dell’Italia nascosta, quella
solitamente ignorata – o lambita con sufficienza – nei paginoni
congestionati delle testate nazionali. La vocazione localistica di una
delle sezioni territoriali più vivaci della stampa diocesana ha
avuto anni fa anche un eclatante exploit politico, quando all’inizio
del 1999 tutti i settimanali del Triveneto sottoscrissero un appello
congiunto ai parlamentari per reclamare la riforma federalista della
Costituzione. Proprio la loro innervatura nel territorio trasforma talvolta
i settimanali diocesani in avanguardie informative rispetto a fenomeni e
problemi sociali di rilevanza nazionale, o in catalizzatori di battaglie
civili. Quando in Piemonte sono esplose le contestazioni contro la linea
ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, a documentare il
coinvolgimento compatto delle popolazioni locali alle proteste anti-Tav
c’erano in prima linea gli inviati del settimanale La Valsusa e le loro inchieste sul
campo. Mentre i redattori del bisettimanale cattolico brianzolo Il Cittadino rivendicano un ruolo trainante nella vittoriosa
“battaglia” ventennale per l’istituzione della nuova
provincia di Monza, che comincerà a funzionare nel 2009 (e loro, nel
frattempo, sperano di trasformarsi in quotidiano…).
La Dc e dopo
Nella seconda metà degli anni Novanta le
redazioni diocesane sono state anche un punto d’osservazione
privilegiato per seguire la parabola di ricollocamento del cosiddetto mondo
cattolico dopo la fine della Democrazia cristiana. Le ricerche sociologiche
del professor Luigi Ceccarini, realizzate in quel periodo e confluite nel
volume Le voci di Dio (Napoli
2001), fotografavano l’iniziale sbandamento seguito al tracollo
democristiano usando come campione rappresentativo proprio la categoria dei
direttori dei settimanali diocesani. Dalle loro risposte emergeva tra
l’altro che «quando la Dc esisteva, veniva riconosciuta come il
referente politico principale dal 72% dei settimanali», mentre solo
il 39% continuava a tenere in particolare considerazione i partiti usciti
dalla frantumazione democristiana. In quella fase iniziava a prendere piede
l’idea di una «presenza politica sganciata dai partiti e
incentrata sui valori», e già allora il 35% degli interpellati
vedeva con favore «una sorta di lobby cattolica pronta a esercitare
ogni forma di pressione per tutelare le posizioni del mondo
cattolico». Nell’ultimo lustro proprio la linea perseguita
dalla Cei guidata dal cardinal Ruini – presa d’atto del
collasso democristiano e protagonismo politico sui temi sensibili giocato
in prima persona dalla compagine ecclesiale – ha fatto presa sul
profilo dei settimanali legati alle curie diocesane. L’intera squadra
da un milione di copie ha partecipato compatta alla mobilitazione
proastensione al referendum sulla fecondazione assistita, con diversi
editoriali unitari apparsi su tutte le prime pagine e con una cascata di
articoli e approfondimenti prodotti dalla fantasia delle singole redazioni.
Una scolaresca visita la redazione de La Vita del Popolo, il settimanale della diocesi
di Treviso
La difesa a ranghi compatti dei valori indicati
dai vertici ecclesiali come “non negoziabili” – tutela
della vita, della famiglia tradizionale e della libertà di
educazione – non si traduce in un atteggiamento monolitico dei
settimanali diocesani rispetto ai partiti e agli schieramenti della
cosiddetta Seconda Repubblica. Sulle loro pagine si affacciano ancora
simpatie e sensibilità politiche diverse, rilevabili soprattutto nei
riguardi dei soggetti politici locali e intorno a questioni specifiche. Ma
il quadro di questo pluralismo “di base” appare in costante
movimento.
La situazione fotografata alla fine degli anni Novanta
negli studi di Ceccarini registrava una perdurante preferenza dei
settimanali cattolici verso i partiti nati dalla diaspora democristiana
– Ppi, Ccd e Cdu – presenti in entrambi gli schieramenti. In
quel frangente le idiosincrasie più evidenti si manifestavano
soprattutto nei confronti della Lega Nord, dopo le bordate rivolte dal
Carroccio contro il Papa polacco, la Cei e l’otto per mille. Tra i
singoli personaggi il più apprezzato risultava Romano Prodi, con un
indice di gradimento misurato in 82 punti, mentre Casini arrivava a
65 e Berlusconi si fermava a 17.
La pagina web de La Vita Cattolica,
il settimanale diocesano di Udine
Da allora, la crescente radicalizzazione dello scontro
politico ha spinto alcuni settimanali a optare per un posizionamento
bipartisan. «Dalle nostre parti», spiega Bruno Desidera,
redattore “politico” della Vita del
Popolo di Treviso, «l’estenuante
scontro politico-elettorale durato più di due anni dentro le
comunità ha avuto effetti laceranti. Ci sono consigli pastorali
delle parrocchie i cui membri non si parlano più per questioni di
opposto schieramento… Anche per questo negli ultimi mesi di campagna
elettorale abbiamo scelto una linea neutrale, dando spazio a cattolici
presenti nei diversi schieramenti. Ci premeva far capire che si appartiene
alla stessa Chiesa anche se si hanno idee politiche diverse. E poi, a
schierarsi da una parte o dall’altra, rischiavamo anche di perdere
lettori…». Nelle ultime settimane l’abbrivio e i primi
passi del nuovo governo hanno suscitato accoglienze e reazioni diverse. Ma
la “bussola” ricevuta in dotazione, quella dei temi eticamente
sensibili, ha fatto prevalere finora le messe in guardia e i toni
allarmati, come riconosce anche Valerio Gigante negli ultimi monitoraggi
della stampa diocesana da lui realizzati per conto dell’agenzia Adista. Così, se da una
parte L’Avvenire di Calabria paventa tra gli scenari possibili quello in cui «il
governo procederà ideologicamente sui temi dei valori e della
famiglia, liberalizzerà subito la pillola abortiva e definirà
i Pacs, mentre agirà pragmaticamente sui temi
dell’economia», sulla Voce
Alessandrina trovano
spazio le frecciate che don Walter Fiocchi rivolge ai tic dei
«berlusconisti» («per loro ogni critica a Berlusconi
è indubitabilmente originata da un cuore rivolto a sinistra, da un
animo asservito all’ideologia “comunista”»); se Toscana Oggi già a metà marzo in campagna elettorale bocciava il
programma fiume dell’Unione («nelle parole del programma
dell’Unione il termine “famiglia” ricorre solo dodici
volte... Come non compare mai, neanche per inciso, la scuola
“paritaria” o il diritto dei genitori a una libera scelta
educativa»), la Luce di Varese nel post-elezioni non si
mostra troppo entusiasta del prevalere del Polo delle libertà nelle
regioni settentrionali, ed esorta il centrosinistra a imparare la lezione,
«per lanciare una sfida con chance di vittoria anche nel profondo
nord». Se sulla missione militare in Iraq La Vita del
Popolo di Treviso sprona il nuovo esecutivo a
tener fede agli impegni presi in campagna elettorale ritirando le truppe
«nei tempi tecnici strettamente necessari», don Bruno Fasani
scrivendo su Verona Fedele degli ultimi soldati italiani sembra
pensarla diversamente («Davanti a queste morti c’è anche
chi si ostina a chiamarli caduti di guerra, con evidente allusione
ideologica al senso delle nostre missioni militari. È un discorso
che trovo di scarso respiro e di debole lungimiranza […] cosa sarebbe
del mondo se l’Occidente assumesse un pilatesco disinteresse per
ciò che vi accade in tante parti?»). Mentre
“Ventirighe”, rubrica di prima pagina de La Valsusa, colpisce con la sua
urticante ironia sia a sinistra («Tanti nuovi ministri hanno sentito
il bisogno irrefrenabile di esternare. Come se con la loro comparsa sulla
scena politica fossimo all’alba di una nuova creazione. Dal buio
della notte del governo Berlusconi alla luce del giorno del governo
Prodi») che a destra («È più forte di lui. Un
pensiero irrefrenabile. Una certezza granitica. Lui può solo essere
il primo. Se poi una volta gli capita di essere solo secondo, cioè
di perdere le elezioni, lui ha sempre una ragione che giustifica tutto; i
brogli… O i media tutti schierati da una parte… I comunisti che
sono ancora un pericolo come nel ’48…»).